Storia di Santa Venerina

Il territorio su cui si estende l'attuale comune di Santa Venerina era anticamente abitato dai Siculi ed era caratterizzato in buona parte da un foltissimo bosco,da piccole pianure e colline. Nel 734 a.C. approdarono a Schisò i primi coloni calcidesi che si insediarono inizialmente nelle coste e solo molto più tardi entrarono in rapporto di scambio con i Siculi dell’entroterra per rifornirsi di derrate alimentari e di legname. I Greci riuscirono ad avere il sopravvento sugli indigeni, anche per l'aumentato numero di coloro che si spostavano verso campagne etnee,allontanandosi dalle zone costiere ormai diventate pericolose.

Le più antiche notizie certe di insediamenti nel territorio risalgono tuttavia al periodo delle guerre puniche. Nel 221 a.C., dopo la vittoria dei Romani sui Cartaginesi,la Sicilia ricadde sotto il dominio romano; la scoperta di monete d'oro e d'argento ritrovate in alcuni sepolcri scavati nel territorio di Linera, testimonia che il territorio era abitato già al tempo della Repubblica Romana . Nello stesso periodo si cominciava ad affermare nell’area la coltivazione della canapa e del lino (da qui il toponimo Linera).

Bisogna arrivare all'epoca bizantina in Sicilia (535 - 827 d.C.) per ritrovare tracce più significative di insediamenti urbani. A quegli anni risale infatti la chiesetta di Santo Stefano, una cella trichora i cui ruderi sono ancora visibili nella frazione di Dagala del Re. Ad essa era annesso un monastero che ospitava una piccola comunità di monaci basiliani. Dopo il periodo della dominazione araba (827d.C. – 1060 d.C.) con l'avvento dei Normanni (1060d.C. – 1194 d.C.) e la riconquista cristiana, arrivarono a Santo Stefano i monaci benedettini,in virtù dei diplomi del 1091 e del 1092 con i quali il Gran Conte Ruggero aveva concesso al vescovo Ansgerio, abate del monastero dei Benedettini, tutta la zona di Aci. Rimasero fino al 1284-1285, quando una colata lavica distrusse l'eremo costringendoli a rifugiarsi altrove ma lasciando intatta la chiesetta a trifoglio.

Blanchardu,l’attuale contrada di Bongiardo, viene citata già nel diploma di Ruggero II del 1124 come una zona economicamente vivace e ben attrezzata. Il documento ,che indica i confini con la Contea di Mascali,segnala infatti  un’area ”usque ad vivum fontem de hospitali Blanchardi”. ”. L’antico nucleo svolse un ruolo importante per la sicurezza e l'ospitalità,oltre all'acqua sorgiva,infatti, vi si trovavano botteghe e locande per il ristoro dei viandanti che attraversavano la strada regia verso Messina o in senso inverso per Catania. Un’ulteriore importante testimonianza del XIV secolo è la Historia Sicula di Fra Michele da Piazza, in cui è narrata la storia del Duca Giovanni , fratello di Pietro d'Aragona, il quale , cercando scampo dalla peste, si fermò nel bosco nei pressi della chiesa di S. Salvatoris in Blanchardu, trovandola serrata e si rifugiò infine nella Chiesa dedicata a Sant’Andrea nei boschi di Milo. Nel XV secolo Simone Leontino in Cronaca Sicula riferisce di una sosta in questi luoghi di Alfonso V d’Aragona ,detto il Magnanimo, " per fare la caccia di li dajni"; era usuale infatti che i reali aragonesi ,durante i loro trasferimenti lungo la strada regia ,sostassero nei boschi della zona per le partite di caccia. In contrada Palazzello di Dagala è ancora visibile un’edicola votiva contenente un bassorilievo marmoreo della Madonna del Carmelo, davanti alla quale si tramanda che i re e i principi aragonesi si fermassero in preghiera.

Nei secoli successivi gli abitanti di Aci dovettero sottostare al susseguirsi di feudatari talvolta tanto arroganti da spingere la popolazione al desiderio di far parte del regio demanio. La richiesta formale fu inoltrata direttamente all'imperatore Carlo V, il quale nell’agosto del 1531 ricondusse al demanio dell’universitas di Aci tutto il territorio che si estendeva da Acicastello fino a Pozzillo e che includeva i paesi pedemontani etnei di Aci Sant'Antonio,Aci San Filippo,Pisano, Linera e Mangano. Per i successivi due secoli la storia del territorio dell'odierna Santa Venerina fu un tutt'uno con quella del feudo di Acireale.

Per la sua posizione tra le terre di Aci e la Contea di Mascali ,con il torrente Salaro a fare da confine naturale per molti secoli, stazionavano nel territorio le guardie del Senato di Jaci addette alla riscossione del dazio dai viandanti che percorrevano la regia trazzera. Nel 1735 i deputati a cappella di Santa Venera di Acireale, costretti a trovare nuovi fondi per fare fronte agli impegni assunti per la costruzione del fercolo della santa, istituirono una fiera franca di gabelle a Bongiardo,che già in passato aveva ospitato botteghe franche. L'investimento dovette evidentemente rivelarsi conveniente poichè negli anni a seguire gli stessi deputati e molti borghesi di Aci acquistarono terre nella zona vitalizzata dalla fiera franca, dando inizio al processo di popolamento. Poco dopo, nel 1747, gli stessi deputati stimarono necessario costruire una chiesetta che fu subito dedicata a Santa Venera .La nuova chiesa costituì il nucleo attorno al quale si sviluppò una vera e propria borgata con oltre 600 residenti, dediti all'agricoltura e all'allevamento Era quasi naturale che acesi oltre a trasferire le proprie masserizie portassero anche la loro devozione ai propri protettori, Santa Venera e San Sebastiano. Analoga situazione la si ebbe a San Leonardello ove si stanziarono delle guardie di Mascali per il controllo del confine dell'omonima contea sulla via Valeria: il luogo prese il nome proprio dalla devozione verso San Leonardo,patrono di Mascali.

Verso il 1850 si ebbe un vero sviluppo demografico ed economico. Le numerose distillerie che sorsero nella zona e la ricca produzione vinicola, unitamente ad un artigianato molto esperto ne fece un paese fiorente ed economicamente e socialmente sviluppato. Questo sviluppo portò ad alimentare le speranze di unificare il paese sotto un unico comune. La costituzione a comune autonomo di Santa Venerina si ebbe nel 1936 con scorporo di porzioni di territorio dei comuni di Acireale, Zafferana Etnea e Giarre.

 

La questione comunale

La questione sulla denominazione del nuovo comune vide contrapposti, per decenni, gli abitanti di Santa Venerina e gli abitanti di Bongiardo. I bongiardesi chiedevano, come si legge nei tanti memoriali del Comitato pro bongiardesi, che il Parlamento Siciliano approvasse la nuova denominazione del comune con il binomio Santa Venerina - Bongiardo o con Bongiardo - Santa Venerina oppure che, a tutela dei diritti e dell'esistenza di Bongiardo, quale centro più antico rispetto a Santa Venerina, fosse concesso di ritornare al comune di Zafferana Etnea. La vicenda però si risolse negativamente per Bongiardo in quanto il Parlamento Siciliano nel 1950 rigettò le istanze di modifica della denominazione del comune e dello smembramento del territorio comunale.

Oggi

Il 29 ottobre 2002 il paese è stato seriamente danneggiato da un terremoto di magnitudo 4,5 della scala Richter